Nelle
notti della Sierra Morena appaiono così, e non sono capinere. Delle
Señoras negras sono visibili i merletti, gli svolazzi, qualche
chiffon e le linee bianche che disegnano profili. Sembra seta ma sono
ombre chiare su fondo scuro, pensieri in negativo che tracciano la
positività per allinearsi con realtà immaginifiche. Tutte hanno un
nome che le contraddistingue, una famiglia da accudire, un bosco da
attraversare, un matrimonio da celebrare con un lui che Vittorio
Amadio, in questa serie, non mostra però c'è. Ogni tanto un sigaro
acceso spunta nel buio della notte Morena. La punta gialla del riposo
o quella rossa dell'ardimento. Un flamenco sbilenco, su fondo scuro,
dà la sensazione di un ballo irrisolto di passi che si susseguono
senza logica per formare una danza che voli verso il cielo non
toccando mai terra.
Sono
le Señoras negras, quelle che ballano senza ballare, cantano senza
cantare, brillano pur non brillando se non di luce propria. E noi le
amiamo come le ama l'artista, perché nulla c'è di più indefinito
dell'amore. E nulla più umano di un sogno che non si realizzerà
mai. Di questo gioco non fa parte la luce del sole, non c'è e non se
ne avverte il bisogno. Belle le ombre della notte e bella la notte,
se accanto c'è una Señora negra.
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