mercoledì 26 settembre 2012

"Per me l'arte è...". Note biografiche di un artista libero

È nato a Castel Di Lama nel 1934. Pittore, scultore ed incisore, artista a tutto tondo è un profondo conoscitore di materiali (ferro, alluminio, acciaio, legno, pietre di fiume e di montagna, creta, ceramica e inoltre oro, argento e pietre preziose), che trasforma in opere d’arte nelle quali la creatività e l’originalità rappresentano i punti di partenza del suo essere uomo e, appunto, artista.
Spirito libero, inquieto, privo di qualsiasi schema precostituito fin dalla giovinezza, vive con un profondo disagio interiore i primi anni del dopoguerra di un’Italia cupa, grigia, ancora ferita dall’occupazione nazista, dalle bombe, dalla fame, dalla povertà e da un senso di morte e di mortificazione che sembrano trasformare il Paese in un immenso sudario: “Perfino le automobili – dirà Amadio molti anni dopo - erano il segno di quella Italia. Nere o grigie o blu notte, ravvivate ogni tanto da una striscia bianca che metteva tristezza”.  
Gli anni trascorsi in collegio, la disciplina ferrea alla quale viene sottoposto, e da cui riusciva a fuggire con il pensiero e con un’idea di arte (sinonimo e simbolo di libertà) che aveva iniziato a pervaderlo, gli formano quel carattere ribelle e “indisciplinato” che lo accompagnerà per tutta la vita. Profondamente e negativamente colpito dalle violenze viste e subite appena pochi anni prima, quando arriva il momento di prestare il servizio militare, Vittorio Amadio decide di fuggire dalla divisa, dalle armi e, ancora una volta, dalla disciplina. Convinti i genitori, che con grande sacrificio gli acquistano un biglietto per la nave, parte nel 1953 dal porto di Genova per andare in Venezuela, paese dell’America Latina in crescita che ospita già una numerosa comunità di emigrati italiani. La promessa che fa alla madre prima di partire è quella che tornerà in Italia nel momento in cui lei gli spedirà il congedo militare. Trascorreranno 15 anni. Appena sbarcato a La Guaira, il porto di Caracas, viene colpito positivamente dalle automobili che circolano in quel paese: colorate di rosso e di giallo, segno inequivocabile di un senso della vita opposto a quello italiano.
Sprovvisto di qualsiasi esperienza lavorativa ma animato da uno spirito d’avventura innato, Amadio impara presto una serie di mestieri che lo mettono nelle condizioni di vivere e di cibarsi regolarmente.
È idraulico, muratore, imbianchino, meccanico di automobili ed elettricista, tutti lavori che, pur non avendo alcuna base di conoscenza teorica né pratica, apprende in pochissimo tempo. Vive a Caracas, dove la vita scorre senza grandi emozioni ma che gli riserva un discreto rapporto con l’universo femminile che, da quel momento, inizierà ad avere un ruolo importantissimo nella vita del futuro artista.
Proprio a causa di un’avventura sentimentale “pericolosa”, Amadio lascia la capitale per andare a vivere nel posto più “selvaggio” e misterioso del Venezuela, Maracaibo. Amadio porta sempre con sé la poesia, la pittura, la scultura e una sete infinita di conoscenza che saranno le compagne di sempre, le uniche con le quali abbia convissuto.
A Maracaibo trova lavoro in una compagnia petrolifera, vive una vita quasi agiata, si sposa e ha una figlia. Sente la necessità di crescere anche culturalmente e di approfondire alcuni temi che lo hanno sempre affascinato. Frequenta un corso molto particolare all’Università di Maracaibo nel quale si insegnano e si analizzano la pranoterapia, l’ipnotismo, il magnetismo, la metempsicosi e si compiono viaggi all’interno dell’esoterismo. Ma mentre gli insegnanti e gli altri studenti del corso partono da una concezione quasi “immanente” della materia di studio, Amadio sconvolge gli schemi riportando tutti i discorsi all’Uomo, un percorso basato sull’umano e non sul divino.
Dipinge e scolpisce, ma quasi per un gioco da fare con se stesso e per se stesso nei momenti in cui avverte il bisogno di volare alto, di estraniarsi, di entrare in contatto diretto con l’infinito.
Arriva il congedo militare e Amadio, come promesso ai genitori, torna in Italia e non da solo, porta con sé la figlia e la moglie che, di lì a breve, morirà. L’Italia non è più il paese che ha lasciato e che dopo aver vissuto tanti anni in una dimensione di vastità quasi senza confini, trova irrimediabilmente “piccolo”. Senza più contatti né amici, Amadio ha la necessità di lavorare per portare avanti la famiglia. Non trovando una collocazione adeguata nel suo paese di origine, torna a lavorare per una compagnia petrolifera, l’Agip, che lo porterà a viaggiare per il mondo: Europa del Nord, Africa e Oriente.
Quando si trova a trascorrere lunghi periodi in Italia, Amadio mette a frutto le sue conoscenze nei campi della pranoterapia e del magnetismo, ottenendo un consenso che arriva a fargli incontrare personaggi molto importanti della vita politica, economica, artistica e culturale della fine degli Anni ’60. A fianco di quella che è diventata ormai la sua principale attività, Amadio aggiunge l’arte che inizia ad avere un posto molto importante nella sua vita fino a fargli aprire uno studio a Roma, nel quartiere Parioli. Nauseato dalla piega che la pranoterapia sta prendendo in Italia, sempre più vittima di millantatori e di pseudo professionisti, decide di dedicare all’arte più tempo e nel 1970 espone per la prima volta in pubblico a Pescara; una mostra personale di dipinti e sculture che ha un notevole successo e che lo porterà in giro per l’Europa, in mostre realizzate soprattutto in Germania, Olanda e Svezia.
L’attività espositiva di Vittorio Amadio diventa frenetica come frenetica è la sua produzione. Ma anche questo periodo dura poco perché l’artista medita di ritirarsi dal mercato delle mostre per approfondire di più il suo percorso umano e professionale. Amadio inizia ad esplorare se stesso, a definire il senso della sua arte, a darle connotati sempre più forti, marcati, simbolici. Influiscono la sua spontaneità, la sua idea di “mano più veloce del pensiero”, del tratto che racchiude una storia, di una teoria dei colori basata sull’intuizione istantanea di un pensiero, di una suggestione, di una emozione e perfino di un battito d’ali.
Comincia a pensare che per essere viva l’arte non deve avere mediazioni, non deve basarsi su schemi prefissati, essere figlia di nessuna teoria. Per Vittorio Amadio conta l’”attimo”, l’istante in cui la mano posa il pennello e la spatola sulla tela o lo scalpello scalfisce la pietra o modella il legno. Inizia a disegnare con il tratto unico che forma il tutto e il niente, una figura e una espressione, un ritratto o un animale in fuga: basta interpretarne il senso.
Diventa l’artista dell’”inafferrabile”, incollocabile com’è in una qualsiasi delle correnti pittoriche di quel momento. E’ il pittore delle “maschere”, dei volti asimmetrici e a-sistemici che ricordano l’ancestralità del disegno rupestre, la sinuosità delle figure degli aborigeni, la staticità delle sculture africane, i profili degli indios, tutte esperienze studiate o vissute in prima persona.
La sua arte diventa immaginazione, libera interpretazione, gesti che si susseguono in movimenti tanto repentini quanto assoluti e che, come tali, non possono essere né catalogati né descritti seguendo tipologie e metodologie pittoriche da Storia dell’Arte.
Sviluppa l’incisione e arriva a scandagliare la “medaglistica”.
Plasma l’oro e l’argento, li lavora in lamine quasi fossero bassorilievi e dando a ogni pezzo la particolarità della unicità. Amadio è l’artista dell’”uno per sempre”, perché ogni segno, ogni pennellata, ogni spatolata è un momento unico e irripetibile come le sue opere nella loro interezza e nella loro complessità. 
Ad Ascoli Piceno apre il suo atelier in uno dei luoghi storici più prestigiosi della città, Palazzo Malaspina, e fonda nel 1975 l’associazione “La Sfinge Malaspina”, che diventa il motore propulsivo di una serie di importanti eventi artistici a livello nazionale ed internazionale. 
Continua, sempre per ragioni economiche e di sostegno alla famiglia, a lavorare anche in altri settori fino a diventare il capo di un’industria manifatturiera nella quale opererà fino al 1976, anno in cui decide che l’arte, intesa come pittura, scultura, grafica e incisione sarà la sua vita.
Torna a girare l’Europa e saranno anni nei quali le opere di Vittorio Amadio viaggiano in Francia, in Spagna, in Germania, in Olanda, in Svezia, in Austria, in Ucraina, in Bielorussia e  ovviamente in Italia dove le sue opere vengono acquistate dai musei e invitate a collettive e personali sempre più prestigiose. Nel 1994 inizia a lavorare la ceramica che usa per le realizzazioni più diverse, colorandola o presentandola in monocromie che hanno un successo immediato. Si lancia nella produzione di oggettistica d’arte che rappresenta l’applicazione “utile” delle sue creazioni. Poi arriva il cartone, e i “dolmen” colorati (di quasi tre metri di altezza) iniziano a formare un bosco incantato che non si trova in nessuna parte del mondo se non nel suo studio presso il museo Arte On. Vittorio Amadio viene chiamato anche ad insegnare, si ritrova quindi maestro di incisione calcografica e serigrafia nel “Villaggio del Fanciullo” di Ascoli Piceno.
Non pago delle mille sfaccettare che compongono ormai il suo vissuto d’artista, Amadio continua la sua opera meritoria di promotore culturale e fonda, nel 1999, l’Associazione “Creative Italian Art”, una struttura che opera nella città di Screnton (U.S.A.), dedicata alla promozione dell’arte italiana negli States. Il 1999 è anche l’anno di uno dei momenti indimenticabili della carriera artistica di Amadio. Già da tempo attivo in Spagna, il Maestro viene invitato a partecipare alla Mostra d’Arte con la quale il paese iberico darà il benvenuto all’anno 2000. In una esposizione senza precedenti, le opere di Vittorio Amadio vengono esposte insieme a quelle di Subira e di Pablo Picasso, un evento nell’evento che rafforza la fama di Vittorio Amadio non solo in Spagna ma anche nel resto del mondo.
L’anno successivo, nel 2001, fonda a Castel Di Lama, suo paese natale, il Museo Laboratorio “Arte on”, portato avanti con grande professionalità e passione insieme alla compagna (anche lei artista raffinata e fuori da ogni schema) Marisa Marconi.
Con il tempo, “Arte On” diventa non solo un luogo frequentato da insigni personaggi (critici, storici, artisti e letterati) della cultura italiana e internazionale ma anche il tentativo più evidente di dare uno spazio di vita frequentabile, visibile e soprattutto stabile all’Arte Contemporanea. Il Museo Laboratorio “Arte On”, infatti, oltre che le opere di Vittorio Amadio e di Marisa Marconi, ospita le creazioni dei più famosi maestri dell’Arte Contemporanea mondiale e, a dare un segno inequivocabile di attaccamento alla sua terra d’origine, dei maggiori artisti marchigiani del Novecento.
Numerose e prestigiose le rassegne alle quali ha partecipato su invito. Tra queste vanno ricordate il “Premio Sulmona”, il “Premio Vasto”, il “Premio Valle Roveto”, il “Premio Gian Battista Salvi” e il “Premio Emigrazione” che, nel 2007, gli dedicò una sala destinata a rendere omaggio alla sua arte grafica.
Numerosi sono inoltre i musei in Italia e all’estero che ospitano opere fra le più significative della sua produzione, come il “Museo Dantesco” di Fortunato Bellonzi di Torre dè Passeri, unico nel suo genere essendo completamente dedicato alla esposizione di opere che illustrano i “Canti” della “Divina Commedia”.
Della sua multiforme attività si sono interessati, e hanno scritto, i più illustri storici italiani dell’Arte Contemporanea a cominciare da De Santi, per proseguire con De Micheli, Ginesi, Toniato, Melloni, Cadena, Montané, Strozzieri e per finire, in particolare, Giorgio Di Genova che lo ha inserito con ampio risalto nella sua monumentale “Storia dell’arte italiana del ‘900” (generazione Anni Trenta) edito dalla Bora di Bologna.
Folgorante per il maestro Amadio l’incontro con il Medio Oriente e l’Oriente. Gli uomini, le donne, i luoghi, gli spazi e gli orizzonti di un immenso Continente che gli hanno fatto scoprire una nuova dimensione non solo artistica ma anche profondamente umana, e i cui sviluppi futuri sono ancora tutti da prevedere, da scoprire e da vivere.